venerdì 12 settembre 2008

Finding meaning

Come si traduce in linguaggio schietto l’ennesima prova del ripetersi di certi modelli comportamentali in differenti persone, che in comune hanno solo una cosa, essere tue amicizie strette? Esiste un termine unico per definire l’unicità comportamentale dell’autolesionismo affettivo? Lo cerco ma non lo trovo, dovrei spostarmi in Germania per poter avere un termine che anche solo lontanamente possa suggerire le sensazioni che mi suggeriscono certe simili situazioni, ci vuole una lingua lego, che si costruisce di volta in volta, assembla diverse componenti apparentemente in contrasto tra di loro per definire un nuovo concetto, neologismo quasi perfetto, quasi perché la spigolatura del linguaggio tedesco permette sì una pedissequa definizione nel dettaglio di ciò che si vuole indicare – o definire – ma è priva delle necessarie sfumature di interpretazione che il nostro linguaggio impreciso invece concede.
Tuttavia il tarlo della definizione mi perseguita, non mi permette di dormire, mi fa rigirare nel letto per nottate intere, fa saltare ogni mia capacità di autocontrollo, freme per far uscire allo scoperto la scintilla della comprensione, il ritrovamento di una perla rara, il punto della situazione, il fulcro di ogni evento.
Forse è semplicemente un conseguimento difficoltoso per l’irrazionalità che caratterizza certi atteggiamenti umani comuni, ma se l’ostacolo fosse solo questo non esisterebbero lingue di sorta, nessuna si sarebbe salvata dall’analisi della perfetta razionalità applicabile ad ogni singolo significato, tutte sono frutto di modificazioni ed errori consecutivi, traslazioni successive, cambiamento non perfettamente opposto di senso, appunto semplice traslazione. Continuo a non arrivare al centro della mia riflessione, giro in tondo per trovare una falla, una crepa che mi permetta di infiltrarmi e trovare la soluzione, sono un batterio che cerca di oltrepassare le barriere difensive delle proteine cellulari, voglio arrivare al nucleo per insediare la mia prole e generare una nuova schiera di batteri sempre più forti e combattivi.
L’esercito di liberazione del corpo dalle cellule malate sta preparandosi a sferrare l’ennesimo attacco, l’organismo potrebbe cedere, l’individuo potrebbe non farcela, ma il fine di questa battaglia è sicuramente giusto e meritevole. I fini non giustificano sempre i mezzi, esiste sempre un metodo corretto da applicarsi ad ogni situazione, esiste tuttavia anche una volontà che si oppone ad ogni forma di ingiustizia e sopraffazione, volontà non sempre presente, ma sicuramente esistente e in possesso di un diritto di recessione del contratto di buone maniere, quando queste divengano obsolete o inefficienti.
Ci vuole in definitiva un sano ed efficiente moto di ribellione, una scossa che trafigga dal suolo le anime scombussolate dall’apatia, piegate a volontà cui non appartengono, a desideri che non dovrebbero soddisfare, piegate nonostante non siano fatte di materiali elastici, nonostante non siano capaci di ritornare alla forma originaria una volta modificate, nonostante il rischio del mantenimento di una forma contorta ed incapace di assumere qualsiasi decisione, continuano nell’intento di adeguare la propria indole alla tirannia esercitata con le impotenti armi dell’amore, sotto le ridicole e vigliacche forme del ricatto.
Vili atteggiamenti atti ad asservire personalità sicuramente superiori a quella del proprio carnefice, non sufficientemente orgogliose per poter definire una linea di confine tra il diritto altrui ed il territorio emotivo di loro pertinenza.
La parola continua a rimanere lontana nello spazio e nel tempo, tuttavia il concetto ha preso forma, ha assunto le sembianze necessarie alla giusta comprensione, comprensione significa possibilità di affrontare una determinata situazione, significa avere l’arma vincente per cambiare uno stato di fatto, stravolgere e rompere un circolo vizioso, dare la morte a certi processi mortali dell’animo umano, quella capacità unica nel mondo animale della volontà autodistruttiva in onore di un ideale o di un essere superiore.

2 commenti:

Damiano Aliprandi ha detto...

è vero, la lingua italiana ha un suo limite per descrivere delle sensazioni o degli stati particolari...
Stavo leggendo un libro di Bauman e ad esempio a noi l'assenza di "certezza" ci riempie di ansia, paura e rabbia. Ma la parola certezza la lingua italiana non riesce ad esprimere al meglio il concetto stesso.
Nel testo originale tedesco, freud parla di "Sicherheit", e questa parola esprime un concetto molto più ampio che racchiude la sicurezza esistenziale, cetezza ,esicurezza personale, incolumità.


Però cerca di dormire tranquillo, mi raccomando! E grazie per il tuo saluto!

Pat pat ha detto...

La Parola tedesca ha una radice di diversa provenienta, parte innanzitutto dal concetto di sicurezza, dietro ad esso si dipanano tutte le altre interpretazioni del termine. Certezza, è innanzi tutto una definizione di stato, assume il medesimo significato da un differente punto di vista... cmq la mia insonnia ha numerose origini, le soluzioni per dormire sono sempre le stesse... andare a letto non troppo tardi e leggere fino a quando gli occhi non si siano fatti pesanti...e pochi pensieri per la testa (quello è un altro problema però)