giovedì 27 dicembre 2007

Jacopo 1

... premetto affermando che so quanto questa sia da parte mia una caduta di stile...

Caro Jacopo, è la prima volta che ti scrivo una lettera aperta, non te ne ho mai scritta alcuna perchè i nostri incontri-scontri finivano sempre per sfumare nel nulla, come per magia, come se nulla fosse mai successo tra noi, apparentemente nasceva un divario che man mano si allargava e finivamo per non sentirci più, forse nell'imbarazzo del torto fatto o nell'indecisione di sentirci ancora desiderati dall'altro o meno, sono tanti i dubbi che mi pongo al riguardo, forse dovrei ripercorrere tutti gli avvenimenti per comprenderli meglio.
Ci conoscemmo una notte d'estate di metà luglio dell'ormai passato 2006 in una di quelle serate gay sulle colline Bolognesi, pensa che ero venuto per incontrare un ragazzo che già avevo conosciuto in chat, un ragazzo che da tanto tempo mi aveva proposto di incontrarci, ma che in fondo non mi interessava più di tanto.
Venni fino a Bologna dopo aver smontato dal ristorante al mare, dove stavo facendo la stagione, arrivai a Bologna che erano già passate le 2:00, per trovare il posto dovetti chiamare M. più di una volta, dovevo curvare a destra e poi all'incrocio successivo prendere la stradina sulla sinistra etc... etc... pensa che il punto di riferimento che mi venne dato prima dei giardini margherita, dove avrei dovuto svoltare per inoltrarmi nell'antro delle colline bolognesi notturne, era stato il parcheggio dove avrei lasciato la macchina ogni volta che si saremmo visti successivamente, quello del baccanale dietro la chiesa di ... , strana coincidenza...
Una volta arrivato parcheggiai lontano dal locale, era tutto pieno di macchine, non ricordavo da tempo un simile caos di gente, era un evento raro che andassi in un locale a ballare, men che meno in un locale di tendenza, da Cesena le soluzioni erano farsi un bel viaggetto per tornare a casa la mattina presto o dormire a casa di qualcuno... non sempre la seconda soluzione dava certezze. Trovai sulla porta ad aspettarmi il mio cocchiere che fedelmente mi aveva elettronicamente accompagnato durante il mio difficoltoso viaggio verso la città dei miei sogni. L'impatto non fu certo magistrale, non rimasi deluso, in fondo non ne ero mai stato attratto, la mia era voglia di uscire un istante dal mio guscio del dovere a darmi per una nottata alla pazza gioia... e lo fu.
Il locale era ciò che mi sarei aspettato da un locale di tendenza, una serie di persone che volontariamente si ghettizzano per sfuggire all'astio e al disprezzo che il mondo esterno avrebbe provato nel vedere con i propri occhi la realtà dell'omosessualità, la sua vera natura, troppo difficile per le persone normali vedere due uomini che si baciano in altri luoghi meno "consoni". Ero già stato in altri locali gay, ma quella sera per la prima volta percepii un vuoto dentro di me, all'euforia che provai la prima volta in cui entrai in un simile locale, l'isterica folle allegria che mi aveva pervaso come l'esplosione di una bottoglia di spumante agitata e tenuta chiusa per troppo tempo sotto un tappo di ipocrita e dubbia moralità, si sostituiva un senso di amarezza per una vita rifiutataci dalla contemporaneità, di oppressione e profonda tristezza per la solitudine in cui ognuno di noi portava sulle spalle il peso dell'inappropriatezza alla comune vita sociale. Queste sensazioni partivano si dal fatto che il mio cavaliere sembrava dileguarsi ogni volta che si distraeva per parlare con tutte le persone che passavano (era PR, vi lascio immaginare), ma questa situazione mi aveva permesso di vedere le cose dal di fuori, senza alcun coinvolgimento emotivo diretto, era un'orribile sensazione di straniamento come uscire dal porprio corpo e vedere se stessi e gli altri fluttuando nel nulla come aliti di vento che leggeri aleggiano sui pensieri e le emozioni altrui e nostre stesse, spiriti dell'aria che invano cercano di prendere un posto nel mondo altrui, un mondo cui mai potranno appartenere, prendendovi parte solo come ospiti di passaggio.

Si prende parte alle danze, perchè è impossibile non farsi minimamente trascinare da quella euforia, quell'isterica follia, inesorabilmente però finisco per appropriarmi di un angolo per osservare, è e rimarrà sempre il mio più grande punto di debolezza, osservare gli altri che si divertono e che fanno anche ciò che gli vien suggerito dalla zona al di sotto della cintura, perchè no non c'è assolutamente nulla di male.

Il mio angolo... un lembo di paradiso accasciatosi su una poltrona di pelle artificiale, atterrato in un ambito chiassoso e tamburellante, annacquato dall'amaro nettare di malto che inesorabilmente passa dalle mia fauci assetate di umidità e alla ricerca di un isola felice su cui posarsi.
Sembravo un dio, o un despota, seduto a gambe leggermente divaricate in posizione dominante e dignitosamente-disgustosamente fiera, quando dentro mi sentivo (come sempre) un nulla, un ridicolo pezzo impazzito di umanità abortita, il teatrino dell'ordinaria follia di apparenze opposte alla porpria vera natura. Proseguivo l'operazione, quasi scientifica, di osservazione del parco umano che fronteggiavo quando improvvisamente ecco che ti vedo, il tuo ballo non aveva nulla a che fare con ciò che stavano facendo gli altri, concentrato sui tuoi passi cercavi la perfezione, vestito di rosa come la bambolina di cartapesta della fiaba di Andersen ed io il soldatino con il cuore di piombo che inespressivo cercavo una spiegazione alla bellezza che ti pervadeva in toto, nei movimenti naturali ma ricercati che praticavi, nelle espressioni che facevi mentre conrrucciavi le sopracciglia ogni qualvolta sbagliavi un passo, nella naturalezza del tuo bellissimo sorriso, in quello sguardo così pensieroso e limpido, astuto...

...i ricordi sono dolorosi e sopraggiungono tutti insieme soffocandomi la mente, l'ora è avanzata, credo che rimanderò a domani, devo prendere il tempo necessario per pensare metabolizzare e comprendere il significato di ognuno di quei gesti e di ognuno degli avvenimenti che si sono succeduti

Nessun commento: