venerdì 18 gennaio 2008

Il tramonto di una vecchia era



Che strano sogno… è presto, mattina presto, mi gira la testa, ho la vista annebbiata, l’olfatto è intorpidito dall’odore dell’aria stantia di una nottata agitata e piena di sospiri, l’odore… intenso e penetrante si infiltra fin dentro al più piccolo poro della mia cavità nasale, ho la nausea e devo alzarmi prima di star male.
Dovrei aprire la finestra ma preferisco non farlo, la pigrizia mattutina si è nuovamente impadronita di me e assieme allo straniamento del risveglio la fa da padrona, ogni azione è profondamente influenzata dall’illusione andata in frantumi al mio risveglio di una vita finalmente libera, priva di diktat e regole non condivise.
Ah che realtà sublime avevo concepito nella mia piccola testolina illusa e perbenista
Il mondo era alle porte di una svolta epocale, il mondo o ciò che appariva come tale, quella minuscola ma estremamente significativa porzione che si prospettava un altro futuro davanti agli occhi, un futuro differente da quello che sembrava essere diventato ormai il passaggio obbligato verso l’inserimento nel contesto prestabilito.
Erano tempi avversi alla società e alla sua ragnatela di rapporti, ad essa fisiologicamente legata, difficile o impossibile il dialogo tra le persone, i rapporti non si gestivano più attraverso linguaggi logici, diretti e di tipo empatico, i legami tra individui o entità diverse ma simili erano sempre più difficili o superficiali.
Nessuno sapeva quando tutto ciò fosse cominciato, nessuno aveva memoria del passato recente e immediato, la storia contemporanea ai sopravvissuti si stava lentamente ma inesorabilmente deteriorando, i tempi avevano accelerato la loro corsa e improvvisamente tutte le certezze che venivano dalla consuetudine sparivano, inghiottite dalla voragine del tempo dello spazio della nuova efficienza del nuovo pensiero del nuovo credo della nuova dittatura del nuovo modo-soluzione-obbligo di essere.
L’essere come mera presenza ruolo in ambiti confezionati e perfettamente imbellettati, definiti come angoli di società, l’entità come soprammobile di un angolo ameno ma produttivo efficiente ed ubbidiente, modo come chiave di atteggiamento, strettamente necessaria alla soluzione matriciale, obbligo per la ragione dell’essere del sistema.
Schiere di entità amorfe definivano l’altrettanto amorfo insieme di espressione, unico sistema legato ad un’ormai avveniristica forma di pensiero, tutto ciò che ci legava la passato era ormai sparito, le nostre forme di primitività erano da tempo sparite, l’ultimo anello che ci aveva tenuti legati alla nostra fisicità era andato definitivamente perduto, dimenticato.
Chi ormai aveva più memoria di cosa significasse essere, esistenza basata sul pensiero individuale, ma soprattutto che cosa voleva dire questo concetto ormai astratto, chi o che cosa avrebbe potuto interferire con l’amorfo per stimolare ancestrali legami con un presunto tempo trascorso? Banalità, pure e impertinenti fantasie della natura, scherzi degli amorfi processi di scambio chimico tra un amorfo e il successivo stesso.
Stesso, identico, successivo, seriale, continuo ma altro, successivo, intermedio, indifferente ma stesso, labirinto dell’amorfo.
Può determinarsi un cambiamento nel nulla? Può nascere la volontà nell’amenità? L’illusione era servita, il lume unico di riferimento stava per cedere il suo ultimo bagliore, falsità di possesso dell’ammasso amorfo.
La scimmia antropomorfa simbolo del primo lume della ragione guardava ammirata l’oggetto amorfo proveniente dall’ignoto. La massa amorfa simbolo della sua decadenza guardava la scimmia dalle divine proporzioni per assorbirne passivamente l’energia con il suo decadente messaggio di disconoscenza.
L’illusione era che il passato fosse il presente e il presente un’illusione.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Coinvolgente e ben scritto questo post, complimenti; lucidissima follia la tua...
Baci
A. e S.

Pat pat ha detto...

Follie visionarie che lasciano un segno e necessitano una riflessione...
Grazie ciao