venerdì 29 febbraio 2008

Er Presidente

Davidino Davidino, alla fine mi hai fregato, lo sapevo, lo sospettavo, un improvviso sentore si era impadronito di me ma ancora l’elettricità nell’aria non era arrivata, la colomba dei messaggi era rimasta indietro a raccogliere le lettere perdute per sbadatezza, l’uccellino mattutino finalmente in amore aveva perso la strada ed era finito in un bordalbero di periferia, io ignaro mi trastullavo nei miei pensieri in attesa della riunione del direttivo.

Ero intenzionato da tempo a rimettere piede nel circolo, troppe volte trascurato, volevo ricominciare a partecipare attivamente come già era successo in passato, sentivo il bisogno di essere parte del movimento. La mia dote di ribelle mi spinge sempre a mettermi in bella vista in attesa del pericolo, a testa alta attendo le onde del maremoto, attendo che il loro frastuono sia talmente vicino da percepire già la lacerazione della mia carne sotto la loro pressione, eppure dentro di me dimora un essere di diversa natura, uno gnomo che ama la vita all’ombra degli alberi, nascosto e al sicuro, lontano dalle grandi piazze alla continua ricerca di solitudine, di spazio mentale per le proprie introspezioni, alla larga dalla calca.

Forse infine il messaggero è sopraggiunto per portarmi la sua comunicazione, il problema però è anche legato alla tempistica, ormai era troppo tardi il consiglio direttivo mi aveva appena eletto Presidente del Circolo di cultura omosessuale Dario Bellezza.

Caspita e ora che faccio? Di tutti i pensieri che potevano attraversare la mia testa il primo era di preoccupazione, il secondo di straniamento, il terzo di vergogna, si esatto vergogna, non mi sento all’altezza di un simile compito, ho paura di commettere degli errori imperdonabili, mi sento inadatto e fuori luogo. Oggi era la giornata delle firme, mi sembrava di essere tornato scrutatore – anche se li le firme erano qualche centinaio in più – fogli da compilare, scartoffie che riportavano successive informazioni: sugli spazi, le attrezzature, i luoghi comuni, le responsabilità di tutela degli spazi pubblici, burocrazia assurda. Sono tornato a casa con l’emicrania, mi girava la testa, ho girato per tutta la città per trovare un posto in cui stuzzicare qualcosa ed era tutto chiuso! Assurdo! In questa città di venerdì non puoi permetterti di mangiare nulla in giro se non l’ultimo orrore alimentare, il McDonald’s.

I succhi gastrici stanno facendo capolino, dentro al mio stomaco è nata una piccola fiabilandia, montagne russe corrono allegramente lungo le pareti rugose e si schiantano sul mio piloro provocandomi continui reflussi…

Ruiten…

2 commenti:

Damiano Aliprandi ha detto...

Bravo! Non rimanere nella passività!
Agisci! Ma non diceva un certo Gaber che la libertà è partecipazione?
La maggior parte di noi non vive nella libertà!
A parte me che sono un ergastolano!
Ciao testa di capra!

Pat pat ha detto...

Bè aspetto di cominciare a mettere in pratica i vari propositi che stanno lentamente maturando nella mia testolina lenta, poi vedrò come valutare la cosa.
Ricordo la frase di Gaber, bellissima e straziante, almeno per me oggi lo è, mi guardo in giro e pensandoci non trovo libertà alcuna, solo dipendenza da fenomeni di massa... poveri uomini.
Credo che la libertà ce la dobbiamo creare noi stessi con le nostre mani, ognuno vive nelle proprie schiavitù.
Trovo comunque che da ergastolano tu abbia trovato un bellissimo modo di impiegare il tuo tempo, scrivere i tuoi pensieri, condividerli con noi tutti. Sarà poco, ma è una bella libertà quella di espressione.